venerdì 13 febbraio 2009

choke

c'è un sole e una luce incredibile. sento il caldo della primavera. forse solo un'illusione.
non mi spiego quindi tanto abbattimento. guardo gli altri tutti mi sembrano felici. le mie solite manie.
vorrei salire in macchina andare anche non lontano, ma lontano da tutto questo peso.
chiudere gli occhi e riaprirli solo una volta arrivata davanti al mare, davanti a un panorama senza case, senza tracce umane.
soffoco e mi manca l'aria. l'ossigeno.

martedì 10 febbraio 2009

du iu anderstand?


che le persone non mi capissero, o che comunque in generale le persone si capiscano molto poco tra loro, lo sapevo già da tempo.
ma sbatterci il muso anche adesso... mi fa riflettere.
è facile generalizzare, forse per molti è la via più semplice per avvicinare il prossimo. la sola percorribile strada che ti permette di andare con il pilota automatico nelle relazioni.
odio i discorsi che hanno quella vena di: ti lascio troppo spazio, ti devo educare. come se facessi chissà che cosa.
come se qualche frase detta qui e là solo perché sento bisogno di un contatto o di una parola sia indicativa del fatto che tutto mi è permesso e che faccio i capricci per niente. credo sia difficile andare a fondo nelle cose. a volte quando inizi ad immergerti nelle relazioni inizi a vedere cose che non vorresti. a metterti in posizioni che ti offrono punti di vista dai quali tutto è diverso.
ora l'idillio che immagino di vivere mi sembra un campo di terra bruciata. una pianta schiacciata dal peso dei cliché.
mi frustra un sacco il fatto di non riuscire ad essere altrettanto chiara nei discorsi orali così come invece lo sono (o penso di esserlo) quando scrivo.
e poi ogni post si trasforma in una lettera con destinatario.
e mi domando se questo non sia uno stupido modo di attirare l'attenzione. certamente lo è.
mi sento stupida e vuota. come la birra analcolica. come questo infinito inverno.
le prospettive future mi sembrano lontanissime. vorrei che passasse il periodo dell'attesa. vorrei arrivare subito, vedere come va a finire. tutto. avere un assaggio della me tra 10 anni. sola? sposata? con chi? felice? con figli? a milano?
no.
non credo. immagino qualcosa di diverso. il punto è che lo immagino e basta. per ora mi paralizzano mal di testa e costante rigetto.
ma il copione prevede questo stasera. prevede che io non abbia bisogno. che io non rompa i coglioni e ciao ci sentiamo domani.
va bene.
cercherò di fare la brava, di seguire le regole. di digerire anche io il cliché per rispettare esattamente tutto.

domenica 1 febbraio 2009

nevica di nuovo. io mi sono lavata, pettinata, truccata, profumata. non vado da nessuna parte e mi sento un po' patetica.
il tenente colombo, sempre uguale nella sua rassicurante ripetitività mi fa compagnia. sento il profumo delle verdure che cuociono nel forno e che ho tagliato con tanta meticolosità.
sempre annoiata ed estranea a ciò che accade, guardo le cose da lontano.
non sono una protagonista. e non faccio niente per esserlo, nemmeno nella vita degli altri.
avere delle esigenze mi fa vergognare. vorrei essere superiore, ma non lo sono.
beati quelli che ci riescono e me lo sbattono in faccia con tanta arroganza.
mi sdraio sul divano. spengo il cervello. accendo la tv al massimo volume per coprire i pensieri.

giovedì 22 gennaio 2009

forse oggi c'era il sole ma non me sono molto accorta. mi insegnano che questa è la normalità. questo spirito di sacrificio e questa abnegazione. l'alienarsi per una settimana davanti a un file pieno di righe e colonne è normale. bisogna farlo. per poter arrivare. arrivare a cosa non so. forse semplicemente sto percorrendo la strada sbagliata. e navigo a vista senza una bussola cercando di orientarmi e trovare il nord osservando i muschi sui tronchi degli alberi.
ultimamente vedo solo indicazioni sbagliate e muschi rinsecchiti.
chiusa come una matrioska che di volta in volta svela un contenuto uguale e diverso, per arrivare infine al nucleo e trovarlo miseramente vuoto e inutile. come un gioco stupido per passare il tempo.
faccio finta. e mi imbarazzo delle mie stesse sensazioni.
mi vergogno e vorrei dirle senza parlare. e vorrei soprattutto che servisse a qualcosa.
guardo i numeri e i nomi sullo schermo. immagino queste persone che sto classificando, archiviano,indagnado. saranno contenti?

domenica 18 gennaio 2009

una vita stupida e piccola e senza troppi sensi.
che palle
la sola fras chie mi gira nel cervello è che palle.
noia.
poche persone.
grande solitudine.
che palle
soliti percorsi, stesse strade
stesse cose.
cene surgelate
frasi di sempre
piattume mentale e stesse parole e gesti reiterati che mi muovono solo lacrime.
sarà la domenica, l'inverno, la casa in disordine.
forse l'aria in torno o la mia rubrica piena di numeri di persone lontane.
non lo so.
ma quasi quasi mi faccio uno shampo e mi metto a letto. e anche vaffanculo.

domenica 11 gennaio 2009

sunday lunch


alla fine di ogni giornata mi sento come dopo una festa. la stessa ingiustificata malinconia.
è stata una bella giornata ma sempre una sottile ansia da prestazione mi serpegga dentro, come se sapessi che c'è qualcosa che non va. mi capita quando trascino con me persone in situazioni scelte da me. come invitare a cena qualcuno e avere l'ansia che tutto sia buono.
forse è per questo che non mi piace mai prendere l'iniziativa e preferisco aggregarmi, perchè tutto sommato io anche se sono così come sono, cerco di farmi nadare bene tutto. o quantomento non ho il coraggio di lamentarmi.
sto esagerando una minima sensazione che ho avuto, questo forse per colpa del mio stato di alterazione.

sabato 10 gennaio 2009

splende un sole gelido. ma io sono in casa. quando non faccio le cose normali mi sento male. forse il mio destino è la banalità.
pulisco la casa senza molta voglia. ho la nausea e la solita tristezza senza motivo che mi piomba addosso.
senza motivo ono c'è niente. il motivo però io davvero non lo so.
un destino di banale insoddisfazione cronica dove non mi basta mai quello che ho. e dove desidero sempre quello che se ne va.
non ho neanche una voglia, se non quella di fumare mille sigarette per seccarmi definitivamente la gola.